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sabato 29 settembre 2012

Recensione: La mano che teneva la mia



TITOLO: La mano che teneva la mia
AUTRICE: Maggie O' Farrell
TRADUZIONE: Valeria Bastia
TITOLO ORIGINALE: The hand that first held mine
EDITORE: Ugo Guanda Editore
COLLANA: Narratori della Fenice
EDIZIONE: I Edizione
NUMERO PAGINE: 379
ISBN: 978-88-6088-668-2
PREZZO: 18,50

ALTRE COVER




TRAMA

Nella vitale Londra del secondo dopoguerra, la giovane Lexie Sinclair, appenna arrivata dalle campagne del Devon, sente che tutto è possibile. Mentre cerca di realizzare il sogno di diventare giornalista, viene in contatto con un mondo pervaso da uno straordinario fermento culturale: la Soho degli anni Cinquanta, quartiere bohème di locali rumorosi, prostitute immigrati, artisti e intellettuali. Qui Lexie trova anche l'amore in un uomo più grande di lei, un importante editore.
Nella Londra di oggi, Elina, una giovane artista finlandese, ha in comune con la sua coetanea di cinquant'anni prima, la grande attrazione per questa città e la voglia di affermarsi nel proprio lavoro. Ma Elina è diventata mamma da poco e fatica a superare le difficoltà delle prime settimane a casa con un neonato. Ted, il padre del bambino, le sta accanto in questo momento delicato e anche lui fa i conti con la paternità. Guardando il figlio, la mente di Ted corre alla propria infanzia, ma raffiorano immagini, ricordi , pensieri che non coincidono con quello che lui sa del proprio passato... 

GIUDIZIO PERSONALE
 Sono venuta a conoscenza di questo romanzo tramite la rivista "Il Libraio" e, prima ancora di leggerne la trama,sono rimasta estasiata dalla scelta della copertina: il ritratto di una giovane e bellissima donna, catturata dall'obiettivo del fotografo inglese John Deakin, immortalata con una sigaretta tra le dita e la testa tra le mani, in posa di contemplativa serenità. Un ritratto estremamente cinematografico e d'effetto che mi ha subito persuasa a voler possedere il libro prima ancora di averne letto la trama. Una volta compiuto questo secondo passo, ovviamente sono corsa in libreria, per scoprire successivamente che il  romanzo è stato insignito del Premio Costa Book Award for Fiction!!
Non è un caso che sia stata scelta come cover una fotografia di Deakin che è in perfetta sintonia con l'ambientazione di una parte del romanzo: la Londra bohémienne degli Anni 50. John Deakin fu appunto uno dei maggiori, quanto controversi, rappresentanti del periodo in quanto la sua attività di artista-fotografo fu sempre protesa ad immortalare, con ritratti in bianco e nero "incisivi e impietosi", gli artisti che frequentavano il quartiere di Soho (Londra), tra gli Anni 50 e 60. E proprio in questo ambiente di sommo fermento culturale si svolge una delle due storie narrate.
Inoltre non è un caso che la scelta di copertina sia ricaduta su un'immagine di donna, in quanto femminili sono i personaggi fondamentali delle due storie. Donne che, ciascuna a suo modo, con la propria peculiarità e il proprio vissuto, si ergono a simbolo della figura della "donna" in generale, cantata nel romanzo attraverso diverse sfaccettature: la donna che ama, che odia, la donna emancipata che lavora, che crea e, infine, la donna nel suo aspetto di madre.
Il romanzo si delinea su due binari paralleli che, almeno in apparenza, sembrerebbero non avere alcun riscontro l'uno con l'altro per poi rivelarsi intimamente correlati solo verso l'epilogo finale quando ci troveremo di fronte ad un unica storia, sintesi e perfetta miscela delle due fino a quel momento descritte.
La prima, quella che apre il romanzo,  ci presenta la figura di Lexie Sinclair, giovanne ventiduenne di campagna, determinata a fuggire dall'opprimente gabbia di un'esistenza monotona e frustrante, col desiderio che "la sua vita cominci realmente, che si trasformi da quella sfocata monocromia in un glorioso technicolor". Troverà nella Londra del secondo dopoguerra terreno fertile per le sue ambizioni e aspettative e, nella persona di Innes Kent, editore di una rivista d'arte e collezionista di opere, il suo grande amore e pigmalione. Sarà lui, con il quale la ragazza andrà a convivere ( e per l'epoca non era cosa da poco!!) che l'ammaestrerà nell'arte della scrittura e del giornalismo e la guiderà alla scoperta dei grandi artisti del periodo: figure quali Jackson Pollock, Lucian Freud, Francis Bacon, lo stesso Deakin o Andy Warhol, tanto per citarne alcuni.
I due sono perdutamente innamorati, di un amore che supera le barriere delle convenzioni, i pregiudizi dell'età e le difficoltà che incombono da subito quali ostacoli alla loro storia: Innes è infatti un uomo sposato e con  figlia a carico.
Le loro giornate passano tra il duro lavoro nella redazione della rivista Elsewhere, di cui Innes è appunto editore, e le frequentazioni dei locali notturni e dei caffè di una Soho cosmopolita, dall'atmosfera artistica, trasgressiva e seducente, in una parola: bohémienne!
L'altra storia è ambientata nella Londra contemporanea in cui, una giovane pittrice finlandese, Elina, con il suo compagno Ted, si trovano ad affrontare le prime difficoltà dell'essere diventati genitori. 
Lo stile dell'autrice nel raccontarci le due storie, cambia. Pur mantenendo l'onniscenza di base, utilizza  uno stile movimentato, diretto , senza troppi giri di parole, per delineare la storia di Lexie, quasi come a volersi conformare sia con la vivacità dell'ambiente che fa da sfondo che con quella della sua eroina. Il risultato è estremamente colorato e cinematografico, tanto quanto la fotografia di copertina. Si passa poi ad uno stile più "rilassato" (ma mai troppo!) e introspettivo, adatto ad evidenziare i dubbi, le paure e le ansie del diventare madre, ma soprattutto l'insicurezza e l'impotenza dinanzi al mistero della maternità e dell'istinto materno innato, viscerale che, come una sorta di incantesimo, cambia nella donna la percezione che ha di sé. Lo stesso cambiamento che Elina subisce nel profondo del suo essere si palesa anche esternamente con i cambiamenti che avvengono anche nella vita di coppia, tra Elina e Ted che, a sua volta si troverà a dover fare i conti con la paternità, la quale riserverà al giovane protagonista sorprendenti emozioni, ma soprattutto risveglierà in lui immagini e ricordi inconsci, con i quali non riesce a trovare razionalmente un riscontro con il proprio passato. A tal proposito significativa è la citazione di Matthew Arnold che fa da sipario al romanzo: "E dimentichiamo perché dobbiamo." E ancora più significativo è il titolo originale: The hand that first held mine (la mano che per prima tenne la mia). Una differenza sostanziale, indicativa dell'intera storia. E proprio da questo punto le due storie andranno a sintetizzarsi in un unico percorso narrativo fino appunto a confluire in un commovente finale.
Il profilo psicologico dei vari personaggi ci viene descritto con dovizia di particolari, senza mai annoiare il lettore. Con il personaggio di Elina in particolare, per le "lettrici", si arriva ad un'identificazione assoluta. I suoi pensieri e le sue emozioni, diventano le nostre, scoprendoci a gioirne e a soffrirne di conseguenza.
L'identificazione con Elina è assicurata poiché, al di là delle varie sfumature e della psicologia dei vari personaggi femminili, quale donna dentro di sé non cela il recondito desiderio di diventare madre? O non troverebbe dei riscontri con il difficile cammino dei primi passi di maternità?
La maternità è infatti uno dei nuclei tematici del romanzo. Vissuta anche da Lexie nella seconda metà del romanzo, da una Lexie ormai emancipata, affermata e perfettamente inserita nel quadro culturale dell'epoca, ci viene però narrata secondo un'altra prospettiva. Quella della ragazza madre, sola, che lavora e tira avanti, pur occupandosi del suo bambino in maniera impeccabile. Dunque, mentre con Elina viene messo in luce il rapporto madre- figlio e figlio- coppia, con la maternità di Lexie, viene evidenziata soprattutto la sorprendente forza che una madre dimostra e scopre di avere quando si tratta di "lottare" per il proprio bambino.
Un romanzo che racchiude in sé tenerezza, dolore, ambizione, vivacità, poesia e tanto, tanto cinema. Un universalismo di emozioni e sentimenti perfettamente amlgamati tra loro tanto quanto il cosmopolitismo della Soho londinese Anni 50.
Da leggere assolutamente!

VOTO: 5 stelline

CITAZIONE: "Innes la portò in un negozio a Chelsea e le comprò un soprabito scarlatto con immensi bottoni di tessuto, un vestito in crepe di lana verde con le ruche ai polsi, un paio di calze blu pavone- "Adesso sei un'intellettualoide, e devi cominciare a vestirti come tale"-, un maglione con il collo a cappuccio. La portò dal parrucchiere e rimase in piedi accanto a lei tutto il tempo. "Così" ordinò, passandole un dito lungo la mascella, "e così".
Quando i genitori di Lexie seppero che conviveva con un uomo, le dissero che per loro era morta e che non avrebbe dovuto contattarli mai più. E così fece"

L'AUTRICE

Irlanda del Nord (Regno Unito), 1972

E' cresciuta tra il Galles e la Scozia e vive attualmente a Londra.
Ha esordito con il romanzo After You'd Gone (2000).
Il suo terzo romanzo, The Distance Between Us (2004), ha vinto il Somerset Maugham award, mentre per  The Hand That First Held Mine le è stao conferito il Costa Book Award for Fiction 2010. E stato pubblicato in Italia nel 2011 con il titolo La mano che teneva la mia.
Altri titoli: My Lover's Lover (2002) e The Vanishing Act of Esme Lennox (2006)







6 commenti:

Matteo ha detto...

Mi intriga molto!

Angela ha detto...

wow la tua recensione è entusiasticamente convincente!!

☆ღ )O(Claudia)O( ღ☆ ha detto...

Matteo,
lo consiglio caldamente anche ai "maschietti"!! ;)

☆ღ )O(Claudia)O( ღ☆ ha detto...

AngelA,
grazie! Spero allora sia un valido motivo per leggere il libro!:)

Francesca ha detto...

Ce l'ho in wish list da un bel po' e credo che lo comprerò, se non a Torino in occasione di Portici di Carta, di sicuro il prossimo mese, quando farò l'ordine su Bol. E non vedo l'ora di leggerlo!

bianco su nero ha detto...

ciao
mi piacerebbe avere il permesso di pubblicare il banner del tuo blo sul mio, tra i fellover preferiti
grazie
a presto
mariantonietta

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